Sostiene Zakharova (corriere.it)

di Massimo Gramellini

Il caffè

Maria Zakharova è la portavoce del ministero degli Esteri russo e ogni giorno deve strapazzare un fatto di cronaca per montare la maionese della propaganda di Putin.

Un lavoro faticoso e, immagino, piuttosto snervante, ma almeno lei viene pagata per farlo. Da noi in tanti la imitano gratis, e non con la stessa brillantezza, va detto. Ieri Zakharova, sfoderando il suo caratteristico sorriso da buttafuori, ha collegato il crollo della Torre dei Conti agli aiuti militari ai resistenti ucraini, stabilendo un nesso tra i soldi negati ai monumenti e quelli dati agli armamenti, e profetizzando per l’Italia finanziatrice di Kiev un futuro di macerie.

La ringraziamo per il pensiero, però vorremmo anche tranquillizzarla. La trascuratezza nella gestione del patrimonio culturale è un nostro marchio di fabbrica e vanta una tradizione bimillenaria. Non sono cose che si improvvisano lì per lì, solo per fare un favore a Zelensky o un dispetto a lei. Non dipende dai droni, ma dai pelandroni.

Zakharova è libera di augurarci tutte le disgrazie che crede, però suona bizzarro che la predica sull’uso a scopi pacifici delle finanze pubbliche ci arrivi proprio dallo Stato che più di ogni altro investe in armi il denaro sottratto al benessere dei cittadini: quel popolo russo amatissimo da tanti di noi, ma un po’ meno dai suoi capi, che fin dai tempi degli zar lo hanno sempre considerato carne da cannone.

E questo non lo sostiene la propaganda occidentale, ma Tolstoj.

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