Elly Schlein va a Milano e polemizza a distanza
con Giorgia Meloni.
«Incontro bellissimo con le parti sociali lombarde», comunica via social la segretaria Pd.
Le immagini la ritraggono su un divano insieme alla Presidente del Salone del Mobile Maria Porro e il Presidente FederLegno Arredo, Claudio Feltrin. La segretaria dem durante la visita in fiera, tra un selfie e un caffè, punta il dito sul viaggio della premier a Washington.
«Penso che sia fondamentale che l’Unione Europea negozi unita. Attenzione a non dare a Trump l’impressione che ci sia una disponibilità a una trattativa bilaterale: rischia di dividere l’Europa e di farci trovare tutti più fragili a partire proprio dall’Italia. Quindi è importante che l’Europa reagisca unita e insieme».
Il caso Paramonov
Nel frattempo Giorgia Meloni prepara l’agenda della sua visita e tra i Dem scoppia il caso Paramonov. L’ambasciatore russo «invitato al Senato dai Cinque Stelle», come denunciato dalla minoranza riformista del Pd, è solo l’ultimo di una serie di colpi scambiati fra il Movimento e la minoranza dem.
A scatenare l’ultimo ‘incidente’ è stata una nota del senatore Cinque Stelle Pietro Lorefice in cui si annuncia di aver chiesto l’audizione in Commissione al Senato degli Ambasciatori di Stati Uniti, Regno Unito, Israele, Iran, India, Cina, Russia e Arabia Saudita, nonchè di Elon Musk.
Audizioni mirate a fare luce sulle ingerenze straniere in Italia. I riformisti del Pd hanno mangiato la foglia e provato a disinnescare subito la mina: «Penso che chi rappresenta la Russia di Putin possa essere ascoltato da un tribunale internazionale, non certo dal Senato della Repubblica. E a chi vuole ascoltare le parole dell’ambasciatore ne rivolgo due, chiare: Slavi Ukraini», scrive il senatore Filippo Sensi seguito a ruota dalla deputata Lia Quartapelle: «Un modo per legittimare chi vuole distorcere la nostra democrazia. È una richiesta che dice molto della ‘cultura democratica’ di chi la fa».
Poco dopo è Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo e ‘testa d’ariete’ dei riformisti a Bruxelles, ad attaccare il Movimento: «Il M5S e il suo leader Giuseppe Conte con l’invito all’ambasciatore russo Paramonov in Senato dimostrano con chiarezza la loro strategia politica», spiega Picierno: «Riabilitare l’ aggressore e offendere ancora una volta gli aggrediti, dispensandoci lezioni di morale quando invece tanta retorica serve solo a nascondere un’impronta pericolosa della sua azione politica. Appare inoltre surreale la motivazione dell’invito ovvero farsi dire in Commissione che la Russia è nostra amica e non interferisce nella nostra politica e nella nostra informazione».
La risposta dell’esponente del M5s Dario Carotenuto arriva a stretto giro: «Per me queste posizioni nascono da un interesse, politico o personale. La pace non paga. Ma l’industria delle armi, chissà…».
Sensi ribatte laconico: «Con questa gente neanche un caffé, questo il livello».
Parole, quelle dei riformisti, che stridono fortemente rispetto alla linea “testardamente unitaria” della segretaria Schlein. Il punto è che, al di là delle dichiarazioni di intenti, Pd e M5s si giocano in questa fase la leadership del centrosinistra. I sondaggi attribuiscono al M5S qualche zerovirgola in più.
E Conte punta a imporre l’ex presidente della Camera, Roberto Fico, come candidato governatore in Campania. A forzare – o comunque a puntare – sulla rottura dell’asse Conte-Schlein c’è Carlo Calenda. Il leader di Azione al suo congresso aveva auspicato la «cancellazione del Movimento» strizzando l’occhio a una potenziale alleanza alternativa: «C’è un gruppo di volenterosi composto da Forza Italia, AzioneCa, +Europa, non da Italia Viva.
Ci sono in questo campo Forza Italia, noi, un pezzo del Pd». E ieri Calenda ha preso da subito le parti di Sensi: «Esprimo la mia solidarietà a Pina Picierno e Filippo Sensi per le volgari accuse di corruzione lanciate da un parlamentare dei Cinque stelle. Concordo con Filippo Sensi: con questi neppure un caffè».
Forte la condanna del senatore Pierferdinando Casini: «L’aggressione primitiva, al limite del codice penale, al collega Filippo Sensi, reo di essere un esponente del Pd che solidarizza con gli aggrediti Ucraini e non ha compiacenze verso gli aggressori russi, merita la solidarietà di tutto il Parlamento, a partire dai gruppi parlamentari del M5S. Le opinioni di tutti sono sindacabili, anche quelle di Sensi, ma ciò non giustifica forme di intolleranza e di aggressione che non dovrebbero avere diritto di cittadinanza nella politica italiana».
Anche nel centrodestra però i moderati si fanno sentire. Ieri Maurizio Lupi ha radunato i suoi al teatro Rossini per un evento che lancia la partecipazione di Noi Moderati, per la prima volta, al congresso del Partito Popolare Europeo che si terrà a Valencia il 29 e 30 aprile. Coordinata dalla Vicepresidente del partito, Maria Chiara Fazio, la kermesse ha visto sul palco Mara Carfagna, Pino Bicchielli, Mariastella Gelmini e il leader, Maurizio Lupi.
«L’Europa – ha detto Carfagna, segretaria nazionale di Noi Moderati – non è soltanto di fronte a una prova, io la definirei una sfida esistenziale che rischia di minacciare le fondamenta stesse della costruzione europea. Penso che il ruolo dei moderati italiani e dei popolari europei in questa fase storica così complessa e così drammatica per certi versi sia cruciale, sia per difendere il benessere economico, i diritti e la libertà dei popoli europei, sia per consentire all’Europa di superare questa sfida esistenziale che deriva da fattori esterni e da fattori interni».
Dopo il Consiglio nazionale di Forza Italia e il congresso leghista della settimana scorsa, ora il boccino è nelle mani della componente moderata, quarta gamba della coalizione: anche loro, i riformisti della compagine del centrodestra insieme a FI, determinati a tenere alto l’investimento in sistemi di difesa. E i russi ben lontani dal Parlamento.