


















L’angolo fascista
Non leggete “il Fango Quotidiano”
Un Paese civile non ha bisogno di forcaioli e bugiardi.
Tutte le condanne di Marco Travaglio
Maurizio Belpietro, La Verità e le condanne – Diario
Procedimenti giudiziari per Pietro Senaldi
































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Non leggete “il Fango Quotidiano”
Un Paese civile non ha bisogno di forcaioli e bugiardi.
Tutte le condanne di Marco Travaglio
Maurizio Belpietro, La Verità e le condanne – Diario
Procedimenti giudiziari per Pietro Senaldi













di giba
Tragedie ignorate e business milionari
Diciotto morti. Decine di dispersi, tra cui bambini. Un’altra tragedia nel Mediterraneo al largo delle coste libiche di Sabratha, dove un’imbarcazione di migranti è affondata lasciando 91 sopravvissuti e un bilancio che continua a salire.
L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) ha definito l’incidente “un duro promemoria del fatto che la mancanza di percorsi sicuri e legali continua a spingere molte persone a rischiare la vita in pericolosi viaggi in mare alla ricerca di sicurezza e dignità”.
Non è un caso isolato, ma l’ennesimo capitolo di una crisi umanitaria che nel 2025 ha già superato i numeri del 2024. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), dal 19 al 25 ottobre sono stati intercettati e riportati in Libia 1.273 migranti, portando il totale dell’anno a 22.509 persone – già più dei 21.762 intercettati in tutto il 2024. Di questi, 19.493 erano uomini, 1.976 donne e 832 bambini.
Drammatico il bilancio: 472 morti e 489 dispersi nel 2025.
La Libia senza più soccorso umanitario
In questo scenario di crescente emergenza, il governo di Tripoli ha ordinato a Medici Senza Frontiere (MSF) di lasciare il paese entro il 9 novembre. L’espulsione arriva senza alcuna motivazione ufficiale, attraverso una lettera del ministero degli Esteri libico che chiude definitivamente le porte all’organizzazione umanitaria.
«Non è stata fornita alcuna ragione per giustificare la nostra espulsione e il processo rimane poco chiaro», ha dichiarato Steve Purbrick, responsabile dei programmi di MSF in Libia. L’organizzazione aveva già dovuto sospendere le attività a marzo, quando l’Agenzia per la sicurezza interna aveva chiuso i suoi locali e sottoposto diversi membri dello staff a “interrogatori”.
MSF sottolinea di aver effettuato oltre 15mila visite mediche lo scorso anno in collaborazione con le autorità sanitarie libiche, fornendo assistenza cruciale non solo ai cittadini libici ma soprattutto a rifugiati e migranti «esclusi dalle cure e soggetti a detenzione arbitraria e gravi violenze».
Cacciate altre nove ONG
La loro espulsione si inserisce in un quadro più ampio di repressione: «Questa ondata ha colpito anche altre nove organizzazioni umanitarie che operano nella parte occidentale del paese», denuncia MSF.
Il risultato è devastante: «In un contesto di crescenti ostacoli all’intervento delle ONG, di drastici tagli ai finanziamenti per gli aiuti internazionali e di rafforzamento delle politiche europee sulle frontiere in collaborazione con le autorità libiche, non ci sono più ONG internazionali che forniscano assistenza medica ai rifugiati e ai migranti nella Libia occidentale».
Il rinnovo del Memorandum Italia-Libia
Tra naufragi, violazioni dei diritti e ONG espulse, tra pochi giorni (il 2 novembre) ci sarà il rinnovo automatico del Memorandum d’intesa Italia-Libia, originariamente firmato il 2 febbraio 2017 dal governo Gentiloni con Marco Minniti come ministro dell’Interno.
Questo accordo è alla base della strategia italiana di contrasto all’immigrazione irregolare attraverso la cooperazione con la Libia, in particolare con la guardia costiera libica.
Nonostante le numerose denunce di violazioni sistematiche dei diritti umani e crimini contro i migranti e nonostante le recenti manifestazioni nelle piazze italiane, il governo Meloni ha confermato la volontà di mantenere il Memorandum.
La sua approvazione è stata sostenuta dalla maggioranza in parlamento, che ha respinto mozioni di opposizione che chiedevano di sospendere il rinnovo automatico e di rivedere l’accordo.
A partire dal 2 febbraio 2026, se non interviene una disdetta formale entro il 2 novembre, il Memorandum sarà quindi in vigore per altri tre anni, continuando a fornire sostegno economico, politico e logistico alla guardia costiera libica nonostante le critiche di organizzazioni umanitarie e osservatori internazionali per i gravi abusi commessi.
Mentre si muore in mare, l’Inter celebra Haftar
In questo contesto di drammatica emergenza umanitaria, dove le vite dei migranti valgono sempre meno e le organizzazioni che cercano di salvarle vengono espulse, uno dei principali club calcistici italiani ha scelto di volare a Bengasi per intrattenere i signori della guerra locali.
Il 10 ottobre, l’Inter ha affrontato l’Atletico Madrid nello stadio internazionale di Bengasi in un’amichevole battezzata “Coppa della Ricostruzione”. Compenso per entrambe le squadre: 3 milioni di euro ciascuna.
Le accuse di Human Rights Watch
Il 29 ottobre Human Rights Watch non ha usato mezzi termini: si tratta di “sportswashing”, l’uso dello sport per ripulire la reputazione di chi commette gravi violazioni dei diritti umani.
La partita è stata presentata da Khalifa Haftar, comandante delle Forze armate arabe libiche (LAAF), e dal suo clan familiare, che controlla la Libia orientale e meridionale “con il pugno di ferro”.
Il Fondo per la ricostruzione e lo sviluppo della Libia, guidato dal figlio di Haftar, Belgasem, ha finanziato la ristrutturazione dello stadio da 42mila posti e coperto i costi dell’evento.
A giugno, la Camera dei rappresentanti libica aveva stanziato per il fondo un bilancio triennale di circa 12 miliardi di dollari, nonostante la crisi finanziaria del paese e la mancanza di un bilancio nazionale unificato tra i due governi rivali.
Il prezzo della complicità
«Mentre Haftar potrebbe voler distrarre il mondo dalla dilagante repressione e dalle gravi violazioni da parte delle forze sotto il suo comando, ospitare mega club europei in un torneo appariscente non nasconderà il fatto che legislatori e politici vengono fatti sparire nelle aree sotto il controllo della LAAF», denuncia Human Rights Watch.
Le Nazioni Unite hanno definito sparizioni forzate e rapimenti «pervasivi e sistematici» nelle zone controllate da Haftar, dove gli abusi contro i migranti sono dilaganti e dove persone che non sono d’accordo con il clan Haftar vengono «uccise illegalmente, detenute arbitrariamente, torturate, maltrattate e sfollate con la forza dalla LAAF e dai gruppi affiliati almeno dal 2014».
Human Rights Watch ha contattato sia l’Inter che l’Atlético Madrid il 24 ottobre per chiedere un commento sulla loro partecipazione. Nessuna risposta è arrivata al momento della pubblicazione del rapporto.
“Le società sportive devono rispettare i diritti umani”, ricorda l’organizzazione. “Questo include condurre una due diligence per identificare i rischi di contribuire a migliorare l’immagine di stati ed entità che violano i diritti umani”. Anche se le squadre potrebbero aver visto questa partita come un “riscaldamento per la Champions League”, “nulla di tutto ciò dovrebbe avvenire a scapito del riciclaggio della reputazione di gruppi irresponsabili e abusivi che commettono gravi violazioni”.
Il silenzio complice dell’Europa
La vicenda libica mette in luce una contraddizione profonda delle politiche europee: da un lato si finanziano le autorità libiche per intercettare i migranti in mare (più di 22mila nel 2025), riportandoli in un paese che nemmeno l’OIM considera un “porto sicuro”. Dall’altro si chiudono gli occhi quando i club calcistici più prestigiosi del continente volano a celebrare chi di quelle violazioni è responsabile.
Mentre MSF viene espulsa e non rimane più nessuna ong internazionale a fornire assistenza medica ai migranti nella Libia occidentale, mentre i corpi continuano ad affondare nel Mediterraneo e le autorità libiche intercettano migliaia di persone per riportarle nell’inferno da cui cercano di fuggire, l’Europa del calcio incassa i suoi milioni di euro e se ne torna a casa.
Tradire le origini dell’Inter
E la beffa maggiore arriva proprio dalla squadra nerazzurra: nel 1908 i dissidenti fuoriusciti dal Milan scelsero il nome Internazionale per sottolineare la volontà di accogliere calciatori di qualsiasi nazionalità, in contrapposizione alla linea nazionalista dei rossoneri. Era un nome che rivendicava l’apertura, l’inclusività e l’universalità dello sport oltre i confini nazionali.
Oggi l’Internazionale è solo quella del business.
(La squadra dell’Inter al suo arrivo a Bengasi. Credito Francesco Saverio De Luigi)
Oltre settemila casi di reati ai danni dei minori nel 2024, con vittime soprattutto femminili, in aumento rispetto all’anno precedente.
A fotografare una situazione allarmante sono i dati forniti dal Servizio analisi criminale della direzione centrale della Polizia Criminale presentati per la Campagna indifesa di Terre des Hommes.
Per la prima volta si è superata la soglia dei 7mila casi, con un boom di reati connessi al digitale.
In particolare nell’anno scorso si contano 7.204 i reati a danno di minori in Italia nel 2024, 252 casi in più rispetto all’anno precedente, con una crescita del 4%. Su base decennale, invece, l’aumento è del 35 per cento. Colpisce l’incremento dei reati connessi al digitale: pornografia minorile e detenzione di materiale pedopornografico. Rispettivamente aumentano su base annua del 63% e del 36%, segno che la rete è sempre più un luogo a rischio per i più giovani.
Bambine e ragazze il 63% delle vittime
In questo quadro le bambine e le ragazze si confermano le più colpite dai reati a danno di minori. Nel 2024 rappresentano il 63% delle vittime, con un aumento sia in termini assoluti sia in termini relativi (nel 2023 erano il 61% delle vittime, su un totale di 6.952).
È nei reati a sfondo sessuale che la sproporzione si fa sentire in maniera più evidente, con punte dell’88% di vittime femminili per il reato di violenza sessuale, dell’86% per la violenza sessuale aggravata e dell’85% per gli atti sessuali con minorenni.
Nel 2024, per la prima volta, i casi di violenza sessuale non aumentano (il numero assoluto, 912, è identico a quello del 2023), ma questa fattispecie di reato rimane, tra quelli a sfondo sessuale, quello con più casi. Le violenze sessuali aggravate vedono, invece, un leggerissimo aumento sull’anno precedente, del’1%, ma che diventa del 75% se si confronta con il dato di dieci anni prima. Gli atti sessuali con minorenne, invece, segnano un aumento del 15% su base annua.
Terre des Homme: tessuto sociale fragile e ritorno cultura patriarcale
Ma perchè crescono i reati a danno dei minorenni e in particolari delle minorenni? «I dati sui reati a danno di minorenni di quest’anno sembrano, purtroppo, mostrare una maggiore fragilità del tessuto sociale – spiega Paolo Ferrara, direttore generale di Terre des Hommes – un allentamento dei vincoli morali fino alla rottura di alcuni taboo sociali e un crescente ritorno di fiamma di quella cultura patriarcale che, lungi dall’essere mai definitivamente sconfitta in questo Paese, sembra piuttosto riappropriarsi pericolosamente di spazi di “legittimità sociale” che sono poi lo stesso luogo di coltura della violenza di genere e nei confronti dei minorenni.
Non possiamo più rimanere a guardare. Servono azioni rapide, concertate e integrate, che agiscano in maniera organica sia sugli aspetti culturali che su quelli normativi di contrasto alla violenza e alla violenza di genere. A chiedercelo sono soprattutto loro, le vittime di questa ondata di violenza che rischia di diventare, sempre di più, un’epidemia»
Anche nei reati nel digitale prevalgono vittime femminili
Anche nei reati ascrivibili al digitale è netta la prevalenza di vittime femminili: 86% nella detenzione di materiale pedopornografico e 74% nella pornografia minorile. Tra i reati a sfondo sessuale, l’unico che, per la prima volta, presenta una parità di genere tra le vittime è quello di prostituzione minorile, che vede anche un calo sia a livello annuo (-7%) sia a livello decennale (-64%).
Quasi tremila le vittime di maltrattamenti in famiglia
Il nucleo familiare resta il luogo maggiormente pericoloso per i minori. I maltrattamenti in famiglia rappresentano la fattispecie di reato con più casi e nel 2024 sono arrivati a sfiorare quota 3.000 vittime: sono stati 2.975, con un aumento del 5% su base annua e una crescita del 101% (un raddoppio), su base decennale.
Anche qui c’è una leggera prevalenza di vittime femminili (il 53%). Ai casi di maltrattamenti in famiglia vanno aggiunti altri tre reati riconducibili anche alla sfera famigliare: le violazioni degli obblighi di assistenza famigliare, l’abuso dei mezzi di correzione e disciplina e l’abbandono di minore. Con, rispettivamente, 479 e 345 casi, le prime due fattispecie di reato sono in diminuzione rispetto all’anno precedente, il primo del -9% e il secondo del -1 per cento.
L’abbandono di minore aumenta, invece, in un anno, del 2%, arrivando a un numero assoluto di 577 casi. A differenza dei maltrattamenti in famiglia, in queste tre tipologie di reati le vittime sono in prevalenza maschi: il 55% nelle violazioni degli obblighi di assistenza famigliare e nell’abbandono di minore e il 61% nei casi di abuso dei mezzi di correzione e disciplina.
Crescono anche gli omicidi dei minori
Nel 2024 si registra anche l’inconsueto balzo degli omicidi volontari consumati. Dopo anni di costante diminuzione dei casi, coerentemente con il calo generale degli omicidi nel nostro Paese, nel 2024 si arriva a 21 casi, con un aumento del 75 per cento.
Nonostante numeri assoluti molto più bassi delle altre fattispecie di reati, è un dato che desta molta apprensione. L’omicidio volontario è, inoltre, uno dei reati che ha una componente con netta prevalenza maschile con il 76% dei casi che ha come vittime bambini e ragazzi.
«Il fenomeno dei reati in danno dei minori, in ogni loro forma, è molto complesso. Occorre porre la massima attenzione non solo nella prevenzione e nel contrasto, ma anche ai più piccoli segnali indicatori di violenza. Di strategica rilevanza – afferma il generale Antonio Basilicata, direttore del Servizio analisi criminale della direzione centrale della Polizia Criminale – risultano essere anche l’accoglienza e il supporto alle vittime, nonché la realizzazione di campagne informative volte ad accrescere la consapevolezza di tutti e a rimuovere gli ostacoli socio-culturali in cui la violenza trova terreno fertile.”
Sport come luogo di crescita e prevenzione
Di fronte a dati così preoccupanti sulla violenza a danno di minori, Terre des Hommes rilancia il valore dello sport come luogo di crescita, prevenzione e rispetto.
Durante l’evento in cui sono stati presentati i dati, la Fondazione ha infatti presentato il progetto Sport4Rights. Co-progettato insieme a Fondazione EOS – Edison Orizzonte Sociale e Specchio Magico, Sport4Rights promuove il benessere, la sicurezza e l’inclusività dei minorenni nel contesto sportivo, mirando a prevenire violenze, discriminazioni e maltrattamenti con azioni integrate sui territori e online.
Attraverso una piattaforma di e-learning basata sull’intelligenza artificiale e supervisionata da un team di esperti, il progetto fornirà alle società sportive, allenatori, educatori, giuristi, psicologi e altri professionisti del settore attività di formazione e sensibilizzazione su Tutela dei minorenni e sul benessere dei bambini e delle bambine nello sport a livello nazionale. Ad oggi sono circa 20 le realtà sportive già formate dai promotori del progetto e il primo corso innovativo assistito dall’AI sulla Tutela Minorenni nello sport sarà pubblicato sulla piattaforma di Sport4Rights nel mese di novembre.
Terre des Hommes, peraltro, collabora con varie scuole, federazioni sportive e istituzioni. Quest’anno, tra i principali sostenitori della Campagna indifesa, c’è Acea. “Sostenere indifesa significa per noi promuovere nuovi linguaggi e modelli positivi per le giovani generazioni”, ha dichiarato la presidente della società Barbara Marinali.


























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