Fare la faccia truce (corriere.it)

di Massimo Gramellini

Il caffè

Poiché siamo entrati nell’era della politica a fumetti, dove un emoticon pesa più di una parola e una foto più di un comizio, mettere a confronto i due santini presidenziali del Babau in Chief non è un vuoto esercizio stilistico.

Ebbene, più li guardo, il Trump di otto anni fa e quello di adesso, più trovo maggiori motivi di inquietudine nel ritratto del 2016, quando strizzava gli occhi e sorrideva.

Era un sorrisone appuntito, da venditore porta-a-porta di incubi, uno squalo pronto ad addentare. Il Trump di ritorno ha scelto un’immagine di sé più cupa, che però proprio per questo risulta paradossalmente meno angosciante. Certo, ha le labbra contratte, il sopracciglio in salita e lo sguardo da John Wayne all’uscita dal saloon un attimo prima di mettere mano alle pistole. Il suo volto non manda più segnali di seduzione, ma di minaccia.

Però a me sembra un atteggiamento. Una posa. Ci sta dicendo: io non sono cattivo, io faccio il cattivo. I nemici dell’America scambiano la gentilezza per arrendevolezza, perciò alzano la voce e pure le mani. Ma restano dei deboli: se li guardi storto, righeranno dritto; se minacci di far loro del male, non avrai bisogno di farglielo.

Una visione del mondo, e dell’uomo, che non entusiasma me, ma i suoi elettori evidentemente sì. In ogni caso, il film «Trump 2 la vendetta», in tutte le sale da lunedì, non mi fa troppa paura.

O comunque me ne fa meno di «M il figlio del secolo», che in questo secolo si chiama Musk.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *