Il reticolo di spie russe in Veneto, compresa quella arrivata con la “missione umanitaria” Putin-Conte ai tempi del Covid (linkiesta.it)

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Dalla Russia con cash

Finti giornalisti che finanziano la propaganda, finti consulenti per aggirare le sanzioni, e finto personale medico omaggiato da Mosca al governo Conte: ecco i nomi degli agenti del Cremlino in Nord est, e le loro relazioni italiane

Il Nord Est è il polmone della propaganda putiniana nel nostro Paese, dal ruolo essenziale nel lancio e nell’ideazione della campagna «La Russia non è nostra nemica» da parte dell’associazione Veneto Russia, fino alla riapertura della scuola Zattere a Venezia della figlia dell’oligarca Leonid Mikhelson. Una terra di passaggio per soldi e spie, fecondata da molte imprese che hanno intrattenuto fortissime relazioni commerciali con Mosca.

Qualche giorno fa Anton Shekhovtsov, su Euromaidan Press, ha riportato la notizia che Aleksej Stovbun, agente dei servizi russi in forza all’Fsb, accreditato come giornalista di una finta testata denominata “New Kuban” nel nostro Paese, ha avuto un ruolo di ideazione e di finanziamento della campagna di affissioni su cui abbiamo scritto a lungo.

Ma Stovbun non è il solo agente sotto copertura che lavora sul territorio italiano. Grazie ad alcuni documenti fuoriusciti dai terminali operativi della Federazione Russa abbiamo individuato altre figure di collegamento che operano sul nostro territorio e si occupano della pianificazione e del reperimento delle risorse.

Tra questi spicca Mikhail Andriakin detto «il maratoneta», classe 1976, ufficialmente libero professionista che ha compiuto vari viaggi nel nostro Paese e ha incontrato a Verona lo scorso 8 settembre proprio Stovbun, per poi andare a Milano e a Roma dove ha avuto incontri con funzionari dell’ambasciata russa.

Arrivato nel nostro Paese con visto turistico, Andriakin avrebbe portato con sé una quantità ingente di denaro che successivamente avrebbe ridistribuito ai referenti delle associazioni russofile in Italia. È stato fermato dalle forze dell’ordine per un controllo di routine, e non ha saputo fornire informazioni circa la provenienza del denaro contante in suo possesso.

Nelle sfere dell’intelligence moscovita, Andriakin compare come «informatore e inviato», il suo ufficio censito è a pochi passi dalla centrale operativa dei servizi segreti russi, un fabbricato dove aveva una base operativa anche la fabbrica dei troll del Gruppo Wagner.

Il suo nome compare anche nella lista dei componenti della cosiddetta missione umanitaria chiamata “Dalla Russia con amore” che il governo Conte accolse con grande entusiasmo durante il Covid. Accreditato come personale medico, Andriakin ha avuto in quell’occasione l’opportunità di entrare in contatto con molti propagandisti vicini alla Lega nel nostro Paese.

Altra personalità attiva nel nostro Paese, nonché agente dell’Fsb, è la serbo-russa Dragana Trifkovic, citata anche lei da Anton Shekhovtsov nella sua inchiesta su Euromaidan Press, per i suoi legami con Stovbun.

Grazie alla documentazione in nostro possesso possiamo ricostruire la natura operativa della sua posizione: Trifkovic infatti ha facilitato una parte dei finanziamenti per le campagne di sostentamento del Movimento Russofilo in Italia e di Casa Russia di Roma, istruendo numerose donazioni da entità serbe e privati cittadini attraverso capitali provenienti da Mosca. Trifkovic inoltre rendiconta settimanalmente alle autorità russe e ai servizi, tramite report inviati da Palmarino Zoccatelli e altri filoputiniani, circa le attività di propaganda nel nostro Paese.

Oltre a Stefano Valdegamberi, noto per le sue posizioni putiniane, la spia russo serba è in contatto con Roberto Ciambetti, attualmente presidente del Consiglio Regionale del Veneto: tutti e tre sono stati, insieme, finti osservatori internazionali alle elezioni-farsa organizzate nel 2018 dal Cremlino nella Crimea occupata illegalmente dall’esercito russo.

Tra i servizi forniti dall’associazione Veneto Russia ci sarebbe anche una consulenza che fornisce alle imprese indicazioni su come aggirare le sanzioni, meccanismo che avrebbe in Bosnia, grazie ai canali diplomatici di Trifkovic la sua base operativa. Ricordiamo che lo sponsor dell’associazione è Albrigi Tecnologie, società che ha più volte cercato di riannodare i fili col mercato russo dove prima delle sanzioni operava nel settore dell’acciaio.

Tra le fonti operative dell’Fsb in Veneto si annovera anche Marina Kholodenova dell’associazione Russkij Dom di Verona, che offre appoggio operativo ed economico alle attività di propaganda russa in città e tiene le fila di una ragnatela che mescola soldi, propaganda e incontri fittizi che sono la base operativa per il passaggio in Italia di spie.

Scarti umani – Dopo la diffida, incontro annullato. I gestori: era un’iniziativa culturale (corriere bologna)

di F. N.

A Villa Paradiso l’evento di Russia Emilia-Romagna

Alla fine l’evento a Villa Paradiso dedicato alla «lunga storia di amicizia» tra Russia e Corea del Nord è stato annullato e, sulla locandina che lo pubblicizzava, l’associazione organizzatrice ha apposto un simil timbro con scritto Tribunale speciale per la difesa dello Stato.

(Foto Schicchi)

L’incontro, organizzato dall’associazione Russia Emilia-Romagna alla casa di quartiere Villa Paradiso, si sarebbe dovuto tenere ieri pomeriggio, ma la diffida del Comune e l’annuncio di provvedimenti in caso di mancata ottemperanza ha portato all’annullamento di quella che i gestori dello spazio hanno definito una «iniziativa culturale».

Il Comune, nell’annunciare la diffida ai gestori di Villa Paradiso già finita al centro delle polemiche per il film filo-Putin dei mesi scorsi, aveva ribadito «la propria ferma contrarietà all’utilizzo improprio di spazi comunali affidati in convenzione, che sono destinati a finalità sociali e culturali e non per ospitare attività di propaganda» e la risposta dei gestori è arrivata quasi subito: «Non ci sembrava fosse propaganda ma il tentativo di esplorare un mondo poco conosciuto e di cui si parla spesso in modo caricaturale, quindi a tutti gli effetti un’iniziativa culturale — ha scritto in una nota il Consiglio direttivo —. Crediamo che affrontare tematiche che possono indurre a riflettere sia, a tutti gli effetti, sollecitare a essere cittadine e cittadini di questo mondo. Come da voi richiesto, sempre disponibili a collaborare, annulliamo l’ospitalità all’iniziativa».

Per poi aggiungere una domanda dal retrogusto provocatorio: «Avevamo in programma di ospitare un’iniziativa dal titolo «Stati Uniti e Israele. Una lunga storia di amicizia». Vi chiediamo gentilmente se dobbiamo annullare anche quella, dato che Netanyahu e il suo ministro Gallant hanno ricevuto un mandato di cattura dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità».

Decisamente meno politicamente corretta la risposta dell’associazione promotrice: «Una classe politica nazionale e locale, completamente asservita ai desiderata di Washington, ha decretato su quali temi è possibile dibattere e su ciò che va censurato o annullato, esattamente come nel ventennio fascista. Attendiamo solo la ricostituzione del Tribunale speciale per la difesa dello Stato».

Donne e bambini presi in mezzo al mare, gli altri fra le onde. Questa è la Guardia costiera libica (ilfoglio.it)

di Adriano Sofri

Piccola posta

Era la mattina di giovedì. Uomini incappucciati, a bordo di due grossi gommoni neri, avevano sparato in aria e in acqua contro dei naviganti migranti. I soccorritori, la nave Geo Barents, non sono riusciti a persuadere i rapitori a restituire loro la preda

Ieri guardavo il padre del giovane Ramy, il signor Yehia Elgaml, che diceva bruscamente “basta violenza, basta vendetta, Ramy non vuole questo. Vogliamo solo sapere la verità”. E poi diceva che suo figlio sarebbe stato sepolto a Milano, perché era italiano, “e si sentiva italiano, si sentiva milanese”. (Come Stendhal, mi sono detto).

La notizia associata era l’invio di 600 “aggiuntivi” agenti di polizia: il ministro Piantedosi teneva a precisare che la decisione era stata presa “prima”. Prima dunque della morte di Ramy e degli 8 ultimi chilometri della sua vita e della fiaccolata annunciata al Corvetto, prima di tutto insomma. L’invio straordinario di 600 donne e uomini della polizia per il ragazzo Ramy sarebbe infatti sembrato troppo.

Subito dopo il telegiornale notturno che guardavo parlava di un avvenimento che faceva pensare, e sperare, di aver sentito male. Avevo sentito bene. Era la mattina di giovedì.

Uomini incappucciati, a bordo di due grossi gommoni neri, che si sono dichiarati della Guardia costiera libica, avevano sparato in aria e in acqua contro dei naviganti migranti, poi erano intervenuti a separare, a bastonate col calcio dei fucili, gli uomini dalle donne e dai bambini, per ripartire alla volta della Libia con 25 donne e 4 bambini.

I soccorritori, la nave Geo Barents di Medici Senza Frontiere, non sono riusciti a persuadere i rapitori a restituire loro la preda. Agli uomini, gettati in acqua e salvati dalle acque, le autorità italiane destinavano come porto di approdo Crotone o, secondo altre cronache che ho trovato più tardi, Brindisi. 83, fra uomini e minori non accompagnati.

Proverbiale com’è, l’espressione “Prima le donne e i bambini” sa di mare, viene dai naufragi. E’ recente, a metà dell’Ottocento. Non è una legge della marineria, è una correzione cavalleresca del Si salvi chi può, applicata con abnegazione a volte, ignorata altre volte.

Ma l’esempio dell’altroieri è un’innovazione della consuetudine, e della stessa nozione di umanità. Annalisa Camilli, sulla Stampa, riferisce le parole di un altro uomo i cui figli avrebbero potuto diventare milanesi, o almeno italiani. “Hanno sparato in aria. Ci hanno picchiato con la parte posteriore del fucile. Poi hanno preso le donne e i bambini. Anche mia moglie e i miei figli, di 11 anni e di 3 mesi. Cosa ne sarà di loro?” Cosa ne sarà di me? – voleva dire.

Speronamenti e sparatorie contro le imbarcazioni dei migranti sono addirittura frequenti. La responsabile dei soccorsi della Geo Barents Fulvia Conte dice: “Un caso del genere però, con donne e bambini presi e portati via, non l’avevo mai visto”.

Lo rivedremo. C’è sempre una prima volta, e poi tutte le altre. Prima le donne e i bambini. E si salvi chi può.

(Ansa)

Chi è Valentina Fusco, “leader degli apolidi”… (butac.it)

di 

Un personaggio che abbiamo già incontrato negli 
scorsi anni è stato arrestato. 

Un piccolo recap degli ultimi incontri

Durante il weekend, mentre si trovava un un treno, è stata arrestata Valentina Fusco. Racconta Il Tirreno:

Valentina Fusco non ha rispettato le prescrizioni del giudice Sergio Compagnucci davanti al quale è in corso il processo che la vede imputata proprio per resistenza: la 43ene (sic) follonichese leader degli apolidi è stata portata nel carcere di Civitavecchia…

La scena dell’arresto è stata ripresa e pubblicata sul canale YouTube di Fusco. Per chi ci tenesse a vederlo avvertiamo che si tratta di uno splendido caso di neorealismo italiano, degno seguito degli altri video pubblicati dalla protagonista (sì, è sarcasmo). Nei tanti articoli che circolano e raccontano i fatti Fusco viene definita “leader degli apolidi”, ma sono in pochi a spiegare realmente chi sia e cosa ci sia dietro a questa donna.

Noi l’abbiamo fatto anni fa, sono anni che cerchiamo di porre attenzione su un movimento che riteniamo pericoloso, sia per chi vi partecipa, sia per chi lo incontra sul proprio percorso. Definirli solo “apolidi” è sbagliato. Valentina Fusco non è altro che l’ennesimo prodotto di quella truffa che è OPPT 1776, Noi è Io Sono, non nominare queste realtà, non fare i nomi dei soggetti che le guidano e le portano avanti da anni è un errore giornalistico grave.

Ma partiamo dall’inizio: incontriamo l’atomica Valentina sulle pagine di BUTAC una prima volta il 17 maggio 2021, ne parliamo in quanto la stessa era stata intervistata da tal Teo di RIEVOLUZIONE, (che in piena pandemia era diventato uno dei tanti guru no mask e no vax con una pletora di seguaci – oggi sul suo canale Telegram Teo ha ben 6 follower) e i suoi video venivano ricondivisi su Rumble da soggetti come Luca Nali (che invece ha tutt’ora, su YouTube, un discreto numero di follower, anche se i suoi video ora generano meno visualizzazioni di un tempo).

Valentina era una commerciante di occhiali che aveva deciso di non seguire le regole stabilite per cercare di contenere la pandemia da COVID-19 e, come raccontato da chi condivideva i suoi contenuti, era diventata “ricercatrice indipendente” di disposizioni di legge.

Questi i cartelli affissi sulla porta del suo negozio a maggio 2021:

Vietato Entrare alle persone che hanno effettuato la VACCINAZIONE
Mascherine No Grazie

Valentina nel suo “ricercare” aveva fatto esattamente come i soggetti di OPPT, ovvero aveva preso concetti reali, presenti nella nostra Costituzione, li aveva estrapolati dai loro contesti e adattati alla sua personale realtà.

Stiamo parlando di persone che con la scusa della sovranità individuale sono convinte di non fare parte della società in cui viviamo tutti, e pertanto – già che ci siamo – di non dover pagare svariate cose, dalle tasse alle multe, dai prestiti ai debiti, ai mutui, pedaggi autostradali inclusi. Soggetti a cui i guru insegnano come usare il legalese per evitare (o per meglio dire ritardare) il più possibile le conseguenze delle proprie azioni. Persone che vivono in una realtà parallela, gestita da avvocati con tanto pelo sullo stomaco e capisetta molto in gamba.

All’epoca uno dei tanti sciacalli del web, Morris San, prese il video con l’intervista a Fusco e lo ripropose sui propri canali dopo aver censurato la fonte e inserito il suo logo, questo per farvi capire quanto questi soggetti siano appunto interessati non a comuni battaglie, bensì a rafforzare la propria fanbase (che è anche quella che con donazioni e visualizzazioni gli permette di tirare avanti) fornendo loro contenuti che possano interessarli e fidelizzarli.

Incrociammo di nuovo Valentina sempre nel 2021, a giugno, stavolta in compagnia di una star del negazionismo pandemico, la signora Rosanna della torteria di Chivasso. Nel corso del loro incontro veniva ribadito che:

…se andiamo a chiedere copia della “Costituzione della Repubblica Italiana” non ci viene data. Perché l’Italia non è una Repubblica, ma un’azienda.

All’epoca i video di questi soggetti avevano decine di migliaia di visualizzazioni, oggi per fortuna la maggioranza di loro è caduta nel dimenticatoio, la viralità dei loro post è diminuita, come già accaduto in precedenza – ma non sono svaniti. Noi è Io Sono organizza tutt’ora eventi che attirano centinaia di persone online e offline, centinaia di persone che credono a quanto viene loro raccontato, e si fidano, con tutti i rischi del caso.

La magistratura dovrebbe andare a unire i vari puntini di queste realtà, per studiare da dove partono e che rischi comportano per i troppi che negli anni si sono fidati e le hanno seguite. Movimenti che non esitiamo a definire sette. Chi ci finisce dentro fa decisamente fatica a uscirne e fidarsi può comportare molti rischi, sia psicologici che monetari.

BUTAC ha avuto a che fare con un avvocato che anni fa gestiva la parte burocratese dietro a quelli che oggi si fanno chiamare Noi è Io sono, lo stesso avvocato ci aveva denunciato per diffamazione. L’articolo che parlava di lui è stato rimosso dal nostro sito anche se siamo stati assolti con formula piena, ma il magistrato che ha firmato la sentenza crediamo che tutt’oggi non si sia reso conto che facendoci rimuovere quell’articolo ha di fatto contribuito a difendere un soggetto che in realtà non meritava alcuna difesa.

Noi ne siamo usciti puliti, ma lui ha ottenuto quel che voleva, ovvero che non si possa leggere online, cercando il suo nome, che un fact-checker avesse spulciato nel suo passato e nel suo presente collegandolo a realtà da cui ora he necessità di prendere le distanze rimuovendo ogni collegamento che aveva con loro.

Concludendo

Valentina Fusco è solo un minuscolo tassello di qualcosa di molto più esteso sul territorio di quanto i giornalisti non siano capaci di indagare. Ci sono soggetti che, nel mondo della sovranità individuale, sono decisamente più influenti di Fusco, ed è di quelli che i giornalisti (e la magistratura) dovrebbero oggi cercare di occuparsi. Le Iene ci avevano provato qualche tempo fa, ma anche loro si sono, alla fine, limitati a scalfire l’iceberg.

Ma la speranza è sempre l’ultima a morire.