Condannati Talantov e Gorinov, la scure del regime russo sugli avvocati (ildubbio.news)

di Gennaro Grimolizzi

Per i due legali è arrivato un verdetto, 
rispettivamente, a sette e tre anni di carcere 
per aver contestato la guerra in Ucraina 

Gli ultimi due giorni sono stati particolarmente tristi per l’avvocatura russaDmitry Talantov (già presidente dell’Ordine degli avvocati dell’Udmurtia, repubblica della Federazione Russa) e l’ex deputato municipale di Mosca, Alexei Gorinov, sono stati condannati rispettivamente a sette e tre anni di carcere.

Per Gorinov, dopo una prima condanna inflittagli nel 2022 a sette anni, si tratta della seconda sentenza sfavorevole e metà della pena complessiva dovrà scontarla in una colonia penale di massima sicurezza. Le vicende degli avvocati Talantov e Gorinov hanno dell’incredibile.

Sono la rappresentazione vivente della repressione in corso in Russia, dove norme liberticide hanno di fatto soppresso la libertà di pensiero e la libertà di opinione con l’inizio, quasi tre anni fa, della guerra di invasione ai danni dell’Ucraina.

Dmitry Talantov, 63 anni, stimato professionista, ha difeso il giornalista economico Ivan Safronov, accusato a sua volta di alto tradimento. In alcuni post su Facebook, Talantov non solo ha commentato alcune anomalie del processo che stava seguendo come difensore, ma ha pure criticato le autorità russe in merito alla guerra in Ucraina. Dichiarazioni che gli hanno rovinato la vita.

Prima l’arresto, poi l’inizio del processo durato oltre due anni e giovedì la condanna a sette anni di carcere, con l’intervento diretto di un tribunale moscovita, per la violazione dell’ormai famigerato articolo 207.3 del codice penale, che punisce i cosiddetti “falsi sull’esercito”. Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati dell’Udmurtia ha accusato i giudici per aver utilizzato nel corso del processo «un linguaggio discriminatorio che colpisce l’essenza stessa dell’avvocatura e la sua collocazione nel sistema giudiziario della Federazione Russa».

Nei post pubblicati su Facebook Talantov si è espresso sugli attacchi aerei in Ucraina e sulle stragi di Kharkiv, Mariupol, Irpin e Bucha. «Questo non è più fascismo – scrisse l’avvocato -, queste sono pratiche naziste estreme». In un altro post l’ex presidente degli avvocati dell’Udmurtia definì Vladimir Putin “un assassino”. Attualmente, in Russia sono imputate più di mille persone per aver protestato contro la guerra di invasione in Ucraina.

Sulla vicenda Talantov è intervenuta Mariana Katzarova, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nella Federazione Russa.

«Talantov – ha detto Katzarova – deve essere rilasciato immediatamente ed esonerato da ogni responsabilità penale, in quanto l’espressione di un’opinione non violenta o di un pacifico dissenso contro la guerra sono protetti dal diritto internazionale. Criminalizzare tali atti ai sensi della cosiddetta legge sulla “censura di guerra”, il cui unico scopo è quello di mettere a tacere il dissenso in Russia, viola gli standard internazionali sui diritti umani e deve essere urgentemente abrogato».

Anche Alexei Gorinov è stato condannato nel 2022 per aver criticato la guerra in Ucraina. Successivamente, l’avvocato moscovita è stato accusato per aver giustificato il terrorismo (in base all’articolo 205.2 del codice penale), a seguito di alcune frasi pronunciate in presenza di altre persone durante un ricovero nell’ospedale dell’istituto penitenziario.

Secondo gli investigatori, Gorinov si è espresso sull’esplosione del ponte della Crimea, giustificando l’atto terroristico da parte degli ucraini con alcuni riferimenti al battaglione Azov. Accuse, a detta della difesa di Gorinov, create a tavolino con il coinvolgimento diretto di alcuni provocatori e delatori. Ieri, poco prima della sentenza, Alexei Gorinov ha letto, nonostante le precarie condizioni di salute, la sua “ultima dichiarazione”.

«Per tutta la vita – ha sottolineato l’avvocato ed ex deputato municipale – mi sono opposto all’aggressione, alla violenza, alla guerra, dedicandomi esclusivamente ad attività pacifiche: scienza, insegnamento, istruzione, attività pubbliche come deputato, attivista per i diritti umani. Non avrei mai pensato di assistere ad un tale livello di degrado del sistema politico del mio Paese, della sua politica estera, dato che i cittadini, già decine di migliaia, che sono per la pace e contro la guerra, rischiano di essere accusati e processati per calunnia contro le forze armate e terrorismo».

Ancora una volta Gorinov ha espresso la propria contrarietà al conflitto armato in Ucraina: «Nel processo che mi ha visto coinvolto sono stato accusato per aver espresso la mia opinione sull’esigenza di porre fine alla guerra. Posso solo dire che la violenza e l’aggressività danno luogo solo a violenza e niente più. Questa è la vera ragione dei nostri guai, delle nostre sofferenze, dei nostri sacrifici insensati, della distruzione delle infrastrutture civili e industriali e delle nostre case. Fermiamo questo inutile massacro per noi e per gli ucraini. Non è ora di lasciare in pace i nostri vicini e di occuparci dei nostri problemi, che crescono come una palla di neve? Abbiamo da tempo dimostrato al mondo intero quanto siamo coraggiosi, persistenti e pacifici. Non è forse già abbastanza?».

(Associated Press/LaPresse APN)

L’accusa delle ong: “Confiscare le nostre navi sarà facile” (unita.it)

di Angela Nocioni

Il decreto Piantedosi

Juan Matias di Msf: “La prossima settimana il Senato vara la norma che rende veloce e automatico in caso di recidiva il sequestro definitivo della flotta civile. Il governo ci impedisce il soccorso dei naufraghi”

Il governo italiano gioca alla battaglia navale con le navi delle ong. Se diventano legge dello Stato le modifiche al decreto in approvazione dalla prossima settimana in Senato, il soccorso delle navi di salvataggio sarà di fatto impedito. A cosa serve far ricadere sull’armatore, non solo sul comandante della nave, l’accusa, anche quando è completamente falsa, di violare il decreto Piantedosi? A rendere più facile e più veloce la confisca della nave di soccorso”.

Lo dice Juan Matias Gil, capomissione di Medici senza frontiere per la ricerca e soccorso in mare.

Nell’iter di conversione in Parlamento si stanno introducendo dei provvedimenti per togliere dal Mar Mediterraneo le navi della flotta civile, vero obiettivo di questo governo che non vuole testimoni nella rotta migratoria più letale al mondo”.

Juan Matias era ieri con altri soccorritori di altre ong e con quattro sopravvissuti alla traversata dal Nord Africa all’Europa tra gli invitati al convegno a Palazzo Madama “Non affogate il diritto d’asilo” voluto dalla vicepresidente del Senato, Mariolina Castellone che ha detto: “Abbiamo voluto che il Senato diventasse un megafono per raccontare le storie di migranti e che fossero i protagonisti del viaggio nei barchini verso Lampedusa a raccontare cosa sta accadendo. È stato davvero molto difficile, ascoltando le testimonianze dirette, controllare le emozioni. Accogliere i migranti, è possibile. Perché però le giovani generazioni possano fare meglio di quanto abbiamo fatto noi nell’accoglienza, è necessario un grande lavoro culturale di guerra alla propaganda che distorce e manipola la realtà. Per quanto mi riguarda farò sempre la mia parte dando voce nelle istituzioni a chi prima di essere un ‘clandestino’ è una persona”.

Mostrate prove evidenti dei crimini che sistematicamente commette in mare la Guardia costiera libica, grazie alle immagini filmate dagli aerei di Sea watch, sopravvissuti e soccorritori chiedono cos’altro si deve mostrare perché sia chiaro a Libia e Tunisia non possono avere una zona Sar (ricerca e soccorso) di competenza.

Perché non fanno salvataggi ma solo catture. Flore Murand, di Sos Humanity: “Il fatto che venga fatto di tutto per non far decollare gli aerei civili, che sono fondamentali per trovare imbarcazioni in pericolo e denunciare le violazioni dei diritti umani e del diritto marittimo internazionale, è parte dell’intensificarsi degli impedimenti sistematici alle missioni delle ong che fanno soccorso”.

Sintetizza Vittorio Alessandro, ex portavoce della Guardia costiera: “L’aver portato in mare il principale tassello delle politiche migratorie ha intaccato la strategia del soccorso in mare, facendone un aspetto della protezione dei confini. Le zone Sar istituite in Libia e Tunisia in seguito ai rispettivi accordi con l’Italia costituiscono nuove frontiere, piuttosto che un’area di coordinamento fra gli Stati a protezione della vita umana, zone di inseguimento e di cattura (circa 37mila nel corso di quest’anno, e oltre 1.500 mila le morti)”.

Riondino va controcorrente:il sindacato si è autodistrutto«Ho idee diverse da LandiniE la classe operaia è finita» (corriere.it)

Il regista a Massafra dopo la prima londinese 
di Palazzina Laf

Il piegamento agli interessi degli industriali, l’estinzione della classe operaia, il diritto al lavoro calpestato. Riassumendo: «Il sindacato si è autodistrutto».

Nel giorno dello sciopero generale, al quale non fa però alcun riferimento diretto, Michele Riondino assesta una frustata sulla pelle di chi, oggi, porta in piazza centinaia di migliaia di impiegati, operai e precari di tutta Italia a manifestare contro la manovra del governo Meloni.

Reduce dalla presentazione a Londra di Palazzina Laf , il film che ha segnato il suo debutto da regista e che è valso – a lui e al suo cast – tre David di Donatello e cinque Nastri d’Argento, l’attore non si risparmia durante un incontro con gli studenti del liceo De Ruggieri di Massafra organizzato dalla concessionaria Autoclub e magistralmente orchestrato da Dionisio Ciccarese.

Così, tra uno spezzone e l’altro della premiatissima opera prima, Riondino torna ad argomentare di un tema che non è solo il suo cavallo di battaglia cinematografico ma anche una ragione d’impegno civile che l’ha spinto ad essere il motore del concertone dell’Uno Maggio di Taranto.

«La storia che ho raccontato, il calvario dei 79 dipendenti dell’Ilva confinati in un edificio a non far nulla perché ritenuti molesti, risale ad un’epoca – il 1997 – in cui il padrone, nella fattispecie Emilio Riva, decideva chi licenziare lasciando che i sindacati corressero a collezionare iscritti in funzione di nuove assunzioni. È stato l’inizio di un processo che, nel tempo, ha finito per destituire di autorevolezza il ruolo delle sigle e di chi le rappresentava. Oggi esistono gli operai – ha incalzato Riondino – ma non esiste più la classe operaia che Elio Petri, con il suo film, mandava in paradiso. Ieri c’erano gli impiegati, che simbolizzavano una sorta di borghesia nella galassia occupazionale di una grande fabbrica come l’Ilva, ma nemmeno quella borghesia esiste più. Operai e impiegati ora sembrano la stessa cosa. E sulla perdita d’importanza, di peso specifico dei lavoratori, il sindacato ha forti responsabilità. Al punto di essersi autodistrutto».

Tra i punti di caduta della conversazione, il cenno – pressoché inevitabile – a Maurizio Landini: «Con il segretario generale della Cgil mi sono già scontrato, abbiamo opinioni diverse sulle politiche da attuare in difesa dei diritti dei lavoratori. Questo non significa, come pensa qualcuno, che io abbia idee di destra o che stia dalla parte del governo, anzi».

L’antagonismo artistico di Riondino, peraltro, ha una sua traduzione rivendicativa nella partita legale anti-Netflix giocata insieme a numerosi colleghi del mondo dello spettacolo: «Con la cooperativa Artisti 7607 ci stiamo battendo per il riconoscimento dei diritti connessi ai passaggi sulla piattaforma. Vogliamo che ciascuno ottenga il compenso proporzionato e adeguato spettante per legge. Ma sapete qual è il paradosso di questa vicenda? Che – spiega – abbiamo contro il sindacato tradizionale, lo stesso che per statuto dovrebbe tutelare i nostri diritti».

La stoccata finale, mentre tutt’attorno la platea di ragazzi e professoresse applaude l’attore (e regista) che ammette di cercare «lo spunto per girare un nuovo film. Non su Taranto, ma che sia ancor più scomodo di Palazzina Laf ».