La rete di “fact-checking” lanciata dal Cremlino è un’operazione di propaganda (facta.news)

di Andrea Zitelli

Tra disinformatori spacciati per esperti e mancanza 
di indipendenza, il Global Fact-Checking Network 
russo punta a screditare la verifica dei fatti

Lo scorso novembre a Mosca si è tenuto il forum “Dialogue on Fakes 2.0” per discutere, si leggeva nella presentazione, «della diffusione di informazioni false» e del problema della disinformazione.

A partecipare erano state diverse testate russe e organizzazioni che agiscono come propagandisti del Cremlino.

In quell’occasione era stato firmato anche un memorandum per l’istituzione del Global Fact-Checking Network (GFCN), una presunta associazione internazionale di esperti e organizzazioni di fact-checking. Come avevamo raccontato su Facta, tra i principali promotori comparivano la TASS, l’agenzia di stampa russa di proprietà statale, e ANO Dialog, un’associazione non-profit fondata nel 2019 dal dipartimento di Informazione e Tecnologia di Mosca, che si definisce indipendente ma che in realtà è un ingranaggio della macchina della propaganda russa ed è sotto sanzioni da parte dell’Unione europea e dagli Stati Uniti.

Pochi giorni fa, l’8 aprile, è stato lanciato il sito web ufficiale dell’GFCN. Ad annunciarlo è stato il ministero degli Esteri russo.

Nel comunicare la notizia, Maria Zakharova, portavoce del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, ha dichiarato che questa nuova piattaforma online «è ora disponibile a tutti gli utenti e riunisce esperti impegnati a smascherare informazioni inaffidabili» e «funge da portale internazionale che promuove un approccio onesto e aperto al fact-checking». La stessa Zakharova che l’11 febbraio 2022, cioè pochi giorni prima l’invasione russa dell’Ucraina, aveva bollato come infondate le notizie di un imminente attacco della Russia contro Kiev e che aveva negato, mentendo, come dimostrato da varie inchieste giornalistiche indipendenti, l’uccisione di civili durante l’occupazione russa della città ucraina di Bucha.

La portavoce russa ha sottolineato poi che «oltre 30 giornalisti e investigatori stranieri provenienti da Paesi come Australia, Brasile, Paesi Bassi, Portogallo, Francia, Spagna, Nigeria, Pakistan, Indonesia, Singapore e altri» sarebbero membri dell’associazione o collaborerebbero con essa. Aprendo il sito ufficiale di GFCN, tuttavia, nella sezione intitolata “partecipanti” si trovano solo 16 persone definite «esperti» (molte delle quali hanno partecipato al forum “Dialogue on Fakes 2.0” di novembre 2024 a Mosca), mentre non c’è il nome di nessuna organizzazione che si occupa di verifica indipendente delle notizie.

Al contrario, tra i nomi presenti in questa lista compaiono personalità che hanno diffuso propaganda russa e disinformazione contro l’Ucraina.

Propagandisti e disinformatori

Viene definito come «esperto» Alessandro Guerreiro, un avvocato ed ex spia portoghese escluso a marzo 2022 come ricercatore dal Centro di ricerca della facoltà di Giurisprudenza di Lisbona (CIDP). Una decisione basata sulle posizioni pubbliche con cui Guerreiro aveva difeso l’invasione russa dell’Ucraina. Inoltre, l’uomo si è presentato come “membro associato” della facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Lisbona, mentre invece non lo è mai stato.

La rivista portoghese Sábado ha definito Alexandre Guerreiro un membro della «rete di estrema destra che diffonde propaganda russa in Portogallo». Ha raccontato delle sue partecipazioni a eventi in Russia alla presenza di alte cariche governative del Cremlino, delle sue partecipazioni come commentatore su RT, canale televisivo russo finanziato dallo Stato e sanzionato dall’Unione europea con un divieto di trasmissione nel territorio europeo perché accusato di essere uno strumento di propaganda russa a sostegno dell’aggressione di Mosca contro Kiev, e delle interviste ad alcune delle principali figure legate al presidente russo Putin.

Nella lista compare anche Tim Anderson, controverso professore australiano che ha lavorato all’Università di Sydney per più di due decenni prima di essere licenziato nel febbraio 2019 per aver postato online la foto di una bandiera israeliana con un simbolo nazista (nel 2023 un giudice ha stabilito che l’uomo avrebbe dovuto riottenere il suo incarico di lavoro). Anderson è stato un difensore abituale dell’ex regime siriano di Bashar al-Assad, sostenuto per anni dalla Russia, recandosi più volte in Siria e incontrando nel 2013 lo stesso ex presidente siriano.

Dopo l’invasione militare russa dell’Ucraina, Anderson ha diffuso più volte propaganda russa su X: ha etichettato il massacro dei civili a Bucha come una «truffa», ha sostenutola tesi infondata secondo cui l’invasione russa dell’Ucraina non avrebbe coinvolto infrastrutture civili e ha definito più volte gli ucraini “nazisti”, rilanciando la propaganda del Cremlino che dipinge il governo di Kiev come guidato da nazisti o da persone affascinate da tale ideologia.

Tra gli “esperti” è presente anche Sonja van den Ende, ex membro del Partito Socialista olandese e blogger che sul proprio profilo X si definisce “giornalista indipendente”. Come riportato dal quotidiano olandese De Telegraaf, la donna segue l’esercito russo nel corso dell’invasione dell’Ucraina, definendo le città occupate come “liberate” e interviene in veste di analista politica su Sputnik, agenzia di media russa finanziata dal Cremlino, sotto sanzione in Europa e negli Stati Uniti perché accusata di diffondere disinformazione.

Van den Ende, continua il quotidiano, segue instancabilmente la narrazione del Cremlino, avallando anche svariate teorie del complotto, che vanno dall’esistenza di presunti programmi segreti della CIA per fare il lavaggio del cervello alla popolazione mondiale, passando al coinvolgimento della famiglia reale olandese in una fantomatica rete di abusi sui minori e alla tesi secondo cui il cambiamento climatico sarebbe un’invenzione occidentale, fino al fatto che non ci sarebbe in atto nessuna sanguinosa invasione russa dell’Ucraina perché in realtà «la Russia sta ripulendo l’Ucraina da neonazisti sponsorizzati dall’Occidente».

Louk Faesen, studioso della disinformazione russa presso il Centro per gli studi strategici dell’Aia, ha dichiarato che il lavoro di van den Ende, insieme a quello di altri «giornalisti stranieri indipendenti», viene utilizzato dalla Russia per diffondere disinformazione e rafforzare la propria propaganda. Ad esempio a ottobre del 2023 Sonja van den Ende ha diffuso su X la bufala divenuta virale in più lingue secondo cui Olena Zelenska, moglie del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, avrebbe speso un milione di euro in gioielli a New York.

Anche noi di Facta ci eravamo occupati di quella notizia falsa, che fa parte di una campagna di disinformazione russa finalizzata a screditare i rappresentanti del governo ucraino, accusandoli di trarre vantaggi personali dagli aiuti finanziari forniti dai Paesi alleati.Una simile notizia falsa contro la moglie di Zelensky è stata rilanciata anche da un altro “esperto” dell’GFCN. Sul suo canale Telegram Juan Antonio Aguilar, uno spagnolo definito un «analista internazionale» dall’organizzazione russa, ha pubblicato infatti la bufala in base alla quale Olena Zelenska avrebbe acquistato una costosa auto di lusso, una Bugatti, a Parigi.

Aguilar gestisce “Geoestrategia.eu”, un sito web che pubblica costantemente narrazione pro Cremlino e che ha diffuso l’appello per la manifestazione “Pace e neutralità, non è la nostra guerra”, una protesta che chiedeva di ritirare il sostegno della Spagna all’Ucraina e in cui l’82 per cento dei principali promotori aveva precedentemente condiviso disinformazione filo-russa sui social media, come analizzato dai fact-checking spagnoli di Maldita.es.

Nella lista è presente anche Emmanuel Leroy definito come «un analista geopolitico e direttore dell’Istituto 1717» che, nella pagina Facebook, si presenta come un istituto che lavora «per una nuova alleanza franco russa». Leroy ha svolto attività politica nel partito di estrema destra francese Front National e poi, quando ha cambiato nome nel 2018, nel Rassemblement National, diventando anche consigliere di Marine Le Pen.

Leroy ha da anni stretti legami con la Russia. A settembre 2022 ha partecipato come osservatore esterno ai referendum non riconosciuti dalla comunità internazionale con cui la Russia ha annesso illegalmente le regioni occupate dell’Ucraina, dichiarando in quell’occasione, senza fornire alcuna prova, che le votazioni sarebbero state svolte nel rispetto delle norme del diritto internazionale. Nel 2023 lo stesso Putin ha concesso a Emmanuel Leroy la cittadinanza russa per le sue iniziative pro-Russia all’estero.

C’è poi anche Lucas Leiroz, definito un «giornalista ed esperto militare». Come scrive il Baltic Engagement Centre for Combating Information Disorders (BECID), organizzazione collegata all’Osservatorio europeo dei media digitali (EDMO), in realtà, Leiroz «è un editorialista di InfoBRICS e coautore di diverse testate di propaganda statale russe, tra cui Russia Today e Sputnik.

InfoBRICS fa parte dell’agenzia InfoRos, soggetta a sanzioni in Europa e in numerosi altri paesi. InfoRos è strettamente legata all’intelligence militare russa (GRU) e ha creato oltre 270 siti web simili. Attraverso questi siti, InfoRos diffonde propaganda russa e sostiene la guerra di aggressione russa contro l’Ucraina». Lo stesso Leiroz ha diffuso una teoria del complotto infondata su presunte attività biomediche illegali condotte in Ucraina da parte di «Big Pharma» su «cittadini di etnia russa» in un ospedale psichiatrico nel Donbass.

Ci sono anche i nomi di Nabil Belkass, David Okpatuma e Sang-Hyun Lee. Il primo, che secondo la propria pagina Facebook lavora all’ambasciata cinese in Marocco, promuove sui social nuove collaborazioni tra Russia e Cina. Okpatuma, cittadino nigeriano, è invece cofondatore di DevCA Initiative, un’organizzazione nigeriana di leadership e sviluppo che crea partnership strategiche, collegamenti e reti tra l’Africa e il resto del mondo. Nel 2022 aveva dichiarato che la Nigeria chiedeva assistenza alla Russia per ridurre la dipendenza dall’Occidente.

Pochi giorni fa Okpatuma ha partecipato a una conferenza stampa presso la sede dell’agenzia di stampa russa Tass per lanciare il prossimo forum “Russia-Africa: What’s Next?” che si terrà presso l’Istituto statale di relazioni internazionali di Mosca (MGIMO) gestito dal ministero degli Affari Esteri russo. Sang-Hyun Lee, presentato con la dicitura «giornalista», è il corrispondente di Sputnik in Corea del Sud, come si legge sulla sua pagina Facebook.

Nella lista compare poi anche l’unica altra donna della lista, dopo Sonja van den Ende: Lily Ong, presentata come «analista geopolitica». Nel febbraio 2024 Ong ha scritto in un editoriale che i Paesi occidentali hanno tentato inutilmente di schiacciare con le loro sanzioni economiche «il Paese più grande del mondo» e che Putin ha dimostrato invece «ancora una volta al suo popolo di essere una persona seria, affidabile e collaudata».

GFCN e la mancanza di indipendenza e trasparenza

Il “codice di condotta” di GFCN, a cui gli “esperti” devono aderire, contiene inoltre una serie di principi che non garantiscono l’indipendenza editoriale, né la trasparenza finanziaria o organizzativa, né specificano il processo di valutazione indipendente per i futuri membri, spiega Maldita. Tra i principi richiesti dall’organizzazione russa compaiono invece «precisione, obiettività e trasparenza metodologica».

Lo stesso GFCN specifica che saranno effettuate verifiche casuali della conformità dei firmatari al codice di condotta. Inoltre, non risulta chiaro chi sarà responsabile di garantire il rispetto dei principi presentati né come verranno eletti questi organi direttivi.

Al contrario, l’International Fact-Checking Network (IFCN), che riunisce la comunità di fact-checker in tutto il mondo e ha sede al Poynter Institute di St. Petersburg, in Florida, è un’organizzazione statunitense senza scopo di lucro con un centro di ricerca dedicato allo studio del giornalismo che certifica i progetti di fact-checking che ne vogliono far parte. Per ricevere queste certificazioni, i siti di fact-checking che ne fanno domanda devono rispettare determinati standard di qualità e trasparenza e vengono valutati periodicamente da un sistema di esperti indipendenti.

Di recente la certificazione può essere ottenuta anche dall’European Fact-Checking Standards Network (EFCSN), organizzazione dei fact-checker europei (Facta è parte di entrambe le organizzazioni).Inoltre IFCN e EFCSN richiedono indipendenza editoriale e politica, imparzialità e trasparenza finanziaria specificando la provenienza dei profitti dei progetti di fact-checking per evitare possibili conflitti d’interesse.

La certificazione non può essere concessa a organizzazioni il cui lavoro editoriale è controllato dallo Stato, da un partito politico o da un esponente politico.

Analisi di parte spacciate per articoli di fact-checking

Il risultato di tutto questo è che diversi degli articoli presenti finora sul sito dell’GFCN russo non sembrano poi essere dei veri e propri lavori di fact-checking, quanto piuttosto testi scritti per portare avanti delle tesi politiche di parte. Ad esempio, il 7 aprile è stato pubblicato un articolo in cui si legge che dietro le proteste del 5 aprile in America contro l’amministrazione di Donald Trump e di Elon Musk, denominate “Hands Off” (in italiano, “Giù le mani”), ci sarebbe «l’ombra» di George Soros – finanziere e filantropo da tempo al centro di svariate teorie del complotto, in particolare alimentate dall’estrema destra – e che quindi queste manifestazione sarebbero in realtà dirette «contro un miliardario da altri miliardari».

Le “prove” portate nell’articolo non confermano tuttavia in maniera oggettiva questa accusa. Nel testo vengono citate “MoveON” e “Indivisible”, due delle varie organizzazioni dietro le proteste, perché in base a fonti pubbliche presenti online negli anni passati, tra i vari finanziamenti ricevuti per la loro attività, hanno ricevuto dei soldi dall’Open Society Foundations, una rete di fondazioni internazionali fondate da Soros.

Come si legge nello stesso sito di MoveON, dove sono presenti i finanziamenti ricevuti nel 2024, tra le decine di donatori compare anche l’Open Society Foundations (con un milione di dollari). In base poi a quanto riportato pubblicamente sullo stesso sito della fondazione Soros, Indivisibile ha ricevuto finanziamenti dal 2017 al 2023 per oltre 7 milioni di dollari.

Questo però non dimostra che dietro le proteste di aprile 2025, organizzate anche da MoveON e Indivisible, ci sia la mano di Soros che vuole attaccare Musk e Trump, perché l’Open Society Foundations, come altre fondazioni ed enti, ha donato loro dei soldi. Nel pezzo pubblicato sul sito di GFCN non viene neanche riportata la risposta dei gruppi locali di Indivisible alle accuse da parte di esponenti del partito repubblicano secondo cui i loro eventi sarebbero finanziati da Soros.

Gli attivisti hanno dichiarato che i loro eventi sono finanziati da varie fonti, tra cui donazioni locali «che hanno registrato un’enorme impennata a causa della crescente preoccupazione che la nuova amministrazione stia minacciando direttamente la nostra sicurezza, la nostra incolumità, l’economia e lo stesso stato di diritto».

Nell’articolo dell’organizzazione russa si sostiene anche che Indivisible «paga i partecipanti alla protesta». Come prova viene linkato un pezzo di un quotidiano politico statunitense “conservatore” in cui si legge che gli attivisti politici hanno previsto “un programma di rimborso” fino a 200 dollari per le spese sostenute per attuare gli appuntamenti di protesta.

Questo, però, non significa che le persone vengano pagate per partecipare alle proteste, come suggerito in maniera fuorviante nell’articolo di GFCN. Contattata da PolitiFact, noto sito di fact-checking statunitense vincitore nel 2009 del premio Pulitzer, Sarah Dohl, responsabile delle campagne di Indivisible, ha dichiarato che «i rimborsi richiedono ricevute, vengono presentati dopo l’evento e coprono solo le spese organizzative effettive, come l’affitto della sede, la stampa di volantini, il cartellone, gli snack, le batterie per megafoni o il supporto per l’accessibilità, come gli interpreti (della lingua dei segni americana)».

Non esistono prove che i manifestanti che hanno partecipato alle proteste “Hands Off” siano stati pagati, al contrario di quanto sostenuto dall’articolo dell’organizzazione russa che invece ha alimentato solo teorie del complotto infondate con l’obiettivo di screditare la validità di quelle proteste.

Come ha scritto McKenzie Sadeghi, responsabile dell’intelligenza artificiale e dell’influenza estera per NewsGuard, progetto di monitoraggio dei media che si occupa di analizzare le dinamiche della disinformazione a livello internazionale, dopo aver analizzato un altro articolo di parte presente sul sito di GFCN spacciato per una verifica indipendente, la Russia «si sta appropriando del concetto di fact-checking per indebolirlo.

Se il pubblico perde fiducia nel concetto di verifica, i fatti cessano di avere importanza. Il vero pericolo non è che la gente creda alla versione russa degli eventi, ma che smetta di credere a qualsiasi versione, anche a quella proveniente da fonti affidabili».

L’attacco di Sumy e la propaganda filo putiniana (butac.it)

di 

Ci è stato segnalato un lunghissimo post su una pagina social, un post che porta la firma del professor Massimo Zucchetti, che già in passato si era scagliato contro l’Ucraina; il post lo trovate qui.

Il post di Zucchetti riporta parole sue e di Marinella Mondaini, citata a suo dire come fonte anti-fake, peccato che sia davvero difficile non rendersi conto che Mondaini sia di parte putiniana, come raccontato anche sulle pagine di BUTAC qualche tempo fa.

Zucchetti casca nella malinformazione nel suo lungo post. Pensiamo di fare cosa utile nel fare chiarezza su cosa sia corretto e cosa invece sia errato.

La cerimonia militare

Domenica a Sumy pare confermato che fosse in corso una cerimonia militare: esistono dichiarazioni di funzionari ucraini come il sindaco Semenikhin che ne hanno parlato. Quindi c’erano militari nel centro cittadino e si può discutere se sia stato un errore strategico.
Semenikhin si è lamentato della scelta di Volodymyr Artiukh, che era in quel momento capo dell’amministrazione militare della regione, di organizzare la cerimonia proprio in quel luogo e in quei giorni. Le critiche mosse sono state accolte dal governo ucraino che ha rimosso Artiukh dal suo incarico il 15 aprile 2025. Purtroppo questo non riporterà in vita i civili morti quel giorno.

Negligenza, non scudi umaniMa sostenere che la scelta sia stata fatta per usare i civili come scudi umani necessita di prove che a oggi mancano.

Diverso sarebbe se avessero ad esempio montato un cannone o un lanciarazzi sul tetto di un palazzo civile, o di fronte a un ospedale, cose che in passato abbiamo visto fare da altri soggetti in altri teatri di guerra, ma non qui, non ora. Detto ciò possiamo magari parlare di sottovalutazione del rischio, di negligenza, ma lo scudo umano implica dolo, non solo negligenze e sottovalutazione. Dolo che appunto va dimostrato, mentre Zucchetti e Mondaini non provano alcunché, anche se scrivono come se lo facessero.

Il diritto internazionale
Il diritto internazionale inoltre spiega che colpire aree civili senza che siano state prese precauzioni per evitare vittime civili può costituire “crimine di guerra” e la responsabilità dell’attacco resta della Russia, anche se volessimo riconoscere la negligenza di Artiukh.
Sono i militari russi che hanno scelto di lanciare quei missili – che non hanno colpito una base strategica, non hanno colpito installazioni logistiche, ma solo una cerimonia di premiazione in un quartiere civile.Sulle bombe a grappolo non possiamo pronunciarci, quello che possiamo dire è che sul luogo dell’attacco ci sono state almeno due esplosioni, visto che la seconda è stata immortalata da chi stava aiutando dopo la prima.
Ma nei vari video che abbiamo visto circolare non abbiamo sentito detonazioni tali da farci pensare appunto a bombe a grappolo. Ma, se anche non fossero state usate, Zucchetti e Mondaini sbagliano anche nel parlare di un singolo missile: dalle testimonianze che circolano infatti sarebbero almeno due.
La dezinformatsiya
Siamo di fronte a due perfetti esempi – il post di Zucchetti e l’articolo di Mondaini – di narrativa propagandistica, che sposano ogni narrazione filorussa ignorando completamente gli altri canali d’informazione. Si sceglie di usare toni incendiari e frasi come “usare i bambini come scudi umani”, o (ancor peggio di definire il governo ucraino come “nazista”.
(L’immagine usata da Zucchetti nel suo articolo sul suo blog)

Il fact-checking dell’incontro tra Meloni e Trump (pagellapolitica.it)

di Carlo Canepa

Stati Uniti

Dall’economia all’immigrazione, abbiamo verificato sette dichiarazioni fatte dalla presidente del Consiglio nello Studio ovale

ANSA (Ansa)

Il 17 aprile la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha incontrato alla Casa Bianca, a Washington, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump per discutere di dazi, commercio, difesa e della guerra in Ucraina. I due hanno tenuto una conferenza stampa nello Studio ovale, durata poco più di mezz’ora, preceduta da un breve intervento della presidente del Consiglio.

Durante l’incontro, Meloni e Trump hanno risposto ad alcune domande dei giornalisti, in gran parte rivolte a Trump e relative a temi interni agli Stati Uniti.

Abbiamo verificato sette dichiarazioni di Meloni per capire quali siano supportate dai fatti e quali no.

Trump e la frase sui «parassiti»

Durante la conferenza stampa, un giornalista ha chiesto in inglese a Trump: «Mister President, are you sure about the definition of “parasites” to the Europeans? Would you say that again, that European are parasites?». Traducibile in italiano con: «Presidente, lei è sicuro della definizione di “parassiti” data agli europei? Lo direbbe ancora?».
Meloni è subito intervenuta, prima che Trump potesse rispondere, dicendo: «Lui non l’ha mai detto».
«Ha mai detto che gli europei sono parassiti?», ha chiesto la presidente del Consiglio al presidente degli Stati Uniti, che ha risposto: «No, non sono nemmeno di che cosa stiate parlando». Questa frase ha suscitato le risate di Meloni e di altre persone nella sala.
Ma davvero Trump non ha mai definito «parassiti» gli europei, come sostiene la presidente del Consiglio? Lo scorso 25 marzo il presidente degli Stati Uniti ha risposto ad alcune domande dei giornalisti sullo scandalo che ha coinvolto, tra gli altri, il segretario alla Difesa Pete Hegseth e il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance.
Il giorno prima, Jeffrey Goldberg, il direttore del settimanale statunitense The Atlanticaveva raccontato di essere stato inserito in una chat sull’app di messaggistica Signal, dove Hegseth e Vance, insieme ad altri importanti esponenti del governo, stavano pianificando un attacco militare contro le milizie degli Houthi, in Yemen.In un messaggio – gli screenshot della chat sono stati pubblicati da The Atlantic – Vance aveva scritto di non voler difendere gli europei.
E Hegseth gli aveva risposto: «I fully share your loathing of European free-loading. It’s PATHETIC». Ossia: «Condivido pienamente il tuo disprezzo per i parassiti [o scrocconi] europei. È PATETICO».
Alla domanda se fosse d’accordo con questa posizione, il 25 marzo Trump ha risposto: «Yes, I think they’ve been freeloading. The European Union has been absolutely terrible at us on trade». Che in italiano si può tradurre con: «Sì, penso che abbiano vissuto alle nostre spalle. L’Unione europea è stata assolutamente terribile con noi sul piano commerciale».

Dunque, anche se non ha usato la parola «parasites», Trump ha parlato di «freeloading», che significa proprio approfittare, scroccare, comportarsi da parassiti.

La crescita dell’occupazione

È vero che durante il governo Meloni l’occupazione ha continuato a crescere, proseguendo il trend iniziato dopo la pandemia di COVID-19. Ma parlare di «posti di lavoro» può essere fuorviante.Partiamo dai numeri. Secondo ISTAT, a febbraio in Italia c’erano circa 24,3 milioni di occupati, oltre un milione in più rispetto a ottobre 2022, quando si è insediato il governo Meloni.
Il concetto di “occupato”, però, non coincide del tutto con quello di “posto di lavoro”. Per esempio, per essere considerati occupati da ISTAT non serve aver firmato un contratto. In più, basta anche un’ora di lavoro retribuito nella settimana di riferimento (un criterio usato a livello internazionale, che non falsifica i dati come sostengono erroneamente alcuni).
L’andamento dell’inflazione
I numeri dicono il contrario. Il 17 aprile, in un’audizione in Parlamento, il direttore del Dipartimento per le statistiche economiche dell’ISTAT, Stefano Menghinello, ha spiegato che «negli ultimi mesi del 2024 la dinamica dei prezzi ha mostrato alcuni segnali di risalita».A settembre 2024, l’inflazione – calcolata con l’indice NIC – era cresciuta dello 0,7 per cento su base annua (ossia rispetto a settembre 2023), il minimo del 2024. Da lì, però, è risalita, arrivando al +1,3 per cento a fine anno.
A gennaio 2025 la crescita è stata dell’1,5 per cento, a febbraio dell’1,6 per cento e a marzo dell’1,9 per cento, trainata soprattutto dai rincari di energia e alimentari.
Anche l’indice armonizzato (IPCA), usato per i confronti internazionali, è salito al +2,1 per cento a marzo. Secondo ISTAT, questo aumento ha quasi azzerato il divario con la media dell’eurozona, passato da -1 punto percentuale nella seconda metà del 2024 a -0,1 a marzo 2025.

Il calo degli sbarchi

Non è chiaro a quale periodo si riferisca Meloni.
Secondo il Ministero dell’Interno, tra il 1° gennaio e il 17 aprile 2025 sono sbarcati circa 12.100 migranti, un calo del 25 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024.
Probabilmente, Meloni intendeva il calo registrato nel 2024 rispetto al 2023: lo scorso anno sono sbarcati circa 66.300 migranti, il 58 per cento in meno rispetto al 2023, quando si era registrato un aumento del 50 per cento. Ricordiamo che il 2023 è stato il primo anno interamente governato dall’attuale governo.

L’aumento della spesa militare

L’obiettivo di portare la spesa per la difesa al 2 per cento del Prodotto interno lordo (PIL) è contenuto nel programma della coalizione che sostiene il governo Meloni, ed è stato ribadito più volte dalla presidente del Consiglio e da altri esponenti del governo – sebbene finora non sia stato ancora raggiunto.
È vero anche che questo impegno era stato preso già in passato: la prima volta nel 2014, ed è stato confermato dai governi successivi.

Le politiche Ue sull’immigrazione

Da quando è presidente del Consiglio, Meloni ripete spesso che, grazie al suo governo, l’Unione europea ha iniziato a concentrarsi sul blocco delle partenze dei migranti, cosa che prima – a suo dire – non faceva.
È un’affermazione esagerata, come abbiamo spiegato in altri fact-checking.

Il piano contro il fentanyl

È vero. Oltre un anno fa, il 12 marzo 2024, il governo Meloni ha presentato il “Piano nazionale di prevenzione contro l’uso improprio di fentanyl e di altri oppioidi sintetici”.Il fentanyl è un oppioide sintetico usato in medicina per trattare dolori intensi, ma può risultare letale se usato come droga, anche in dosi basse.
Negli ultimi anni, negli Stati Uniti le morti per overdose da fentanyl sono aumentate sensibilmente.